non raccontiamoci storie

In questi giorni sta partendo il progetto sperimentale voluto dalla Regione Toscana e dall’Ufficio scolastico regionale che amplia le attività a sostegno dei ragazzini diversamente abili (ore aggiuntive del docente di sostegno, ore aggiuntive dei docenti di classe, attività di laboratorio, formazione per docenti e personale ata). Un impegno finanziario ed organizzativo non indifferente che vuol dare una prima importante risposta al taglio dei posti fatto dalla ministra Gelmini. Ringrazio di questa attenzione il Presidente della Regione Toscana, l’assessore all’istruzione e la dirigente dell’ufficio scolastico regionale toscano.

Voglio però rendere pubblici alcuni pensieri per sollecitare riflessioni e stimolare cambiamenti. L’inserimento dei ragazzi diversamente abili nelle scuole di ogni ordine grado, pur essendo una grande scelta di civiltà della nostra Italia, ha bisogno di far emergere i punti di debolezza se vogliamo davvero rispondere ai diritti dei bambini e delle loro famiglie. Primo punto: i docenti di sostegno: sono pochi coloro che hanno titoli specifici frutto di un lungo percorso di formazione; spesso sono docenti in esubero su cattedre di altre displine che hanno optato, per lavorare, di occuparsi dei ragazzi diversamente abili. Anche se sono persone disponibili e attente non conoscono le caratteristiche specifiche delle diverse tipologie di handicap e fanno fatica ad operare con ragazzini che richiedono metodologie particolari. C’é bisogno di formazione. Secondo punto: il numero dei ragazzi per classe : con 25/26 ragazzini per classe, con un unico docente senza ore di compresenza non è possibile fare un’attività personalizzata e questo vale per i ragazzini diversamente abili nelle ore in cui non c’è il docente di sostegno ma anche per tutti gli altri bambini che hanno bisogno di attività individualizzate; a meno che…… (ma di questo parlerò un’altra volta). Terzo punto: il tempo scuola: ridurre il tempo scuola a 27/24 ore vuol dire decidere di ridurre gli apprendimenti di tutti i ragazzi e soprattutto di tutti i bambini che al contrario hanno bisogno di tempi lunghi per apprendere. Questo era chiaro nelle scelte del governo precedente e mi auguro che questo governo inverta la tendenza. I bambini hanno bisogno di scuole dai tempi lunghi. Quanto sopra vale, a parer mio per i ragazzini con handicap lieve, perchè coloro che hanno certificazioni di gravità, oltre agli aspetti sopra ricordati, hanno bisogno di un progetto di vita che coinvolga famiglia, scuola e servizi del territorio. Stare cinque, sei, sette ore a scuola ogni giorno magari in una stanzina da solo con personale volontario delle associazioni o educatori forniti dai servizi asl o peggio nei corridoi con i custodi risolve solo il problema di ” come badarli” e non di come aiutarli a crescere. Spesso la scuola nella forma del “badantato” risponde ad una necessità delle famiglie ma non a quella di un progetto di vita che coinvolga scuola ed extrascuola, servizi educativi e servizi sociali.      Per questo dico “non raccontiamoci storie” facendo vista di non vedere e di non sapere. Serve invece un’attenzione particolare delle istituzioni del territorio – magari riunite in rete – proprio ai casi di gravità che mobilitano intorno a loro tante risorse spesso con scarsi risultati. Si può e si deve fare meglio ma bisogna raccontarci la verità senza ipocrisie e fraintendimenti.

non raccontiamoci storieultima modifica: 2012-02-02T21:34:42+01:00da d-pampaloni
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2 Responses

  1. Tiziana Falorni
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    Quattro anni di specializzazione con frequenza obbligatoria, due anni di lavoro per l’UIC e 12 anni di sostegno, anche con gravi, due dei miei ragazzi laureati (grazie anche alle loro GRANDI mamme)…..e poi dire: ora basta! “Questo” nuovo fare sostegno non è più quello in cui credevo e per cui ho tanto studiato… Ci sono stati anni nei quali le LEGGI erano fatte per INSERIRE ALLA PARI, come dice Lei, per un progetto di vita, i bambini diversi, Ma adesso ho sentito tante, troppe, persone ri-parlare positivamente di classi differenziali. Come detto ad alcuni amici dico: ….E qui il mitico Cecchini aggiungerebbe “Ma chi stabilisce chi è normale da chi non lo è?”
    Fare tirocinio e volontariato al S.Caterina…ti fa capire come i migliori imitano i peggiori…mai viceversa……
    Anche io auspico che questo nuovo governo cambi rotta!
    Grazie Preside e scusi lo sfogo.
    Tiziana

  2. Letizia
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    È strano il fatto che quando si parla di integrazione si pensi di solito all’allievo disabile che, faticosamente, cerca di avvicinarsi ai compagni. Come mai c’è, da una parte, un gruppo di persone fisicamente sane e, dall’altra, uno con una gamba sola e ci si aspetta che sia quest’ultimo a fare tutta la strada necessaria per raggiungere il gruppo? Non potrebbero, per lo meno, incontrarsi a metà strada?
    Spesso, a questa domanda, si risponde che non è giusto che gli allievi normodotati “perdano tempo” con gli obiettivi didattici di un compagno disabile. Non voglio discutere qui gli aspetti etici di questa risposta : basterebbe pensare a quante cose impariamo quando dobbiamo fermarci un attimo a riflettere per insegnare qualcosa a un altro o per aiutarlo, per capire che ha perso tempo chi non si è mai fermato!!

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